Metti una sera pacifica,dopo un
pomeriggio di nuvole minacciose,
sullo
sfondo i ruderi delle
Terme di Caracalla sciabolati da luci
fantasmagoriche,uno sciamare di duemila persone per
i viali
che sembra non riescano a raggiungere
mai le loro destinazioni, un volo compatto in cielo
e stridii di gabbiani
più bianchi di neve alpina
che intrecciano nodi d’amore sul capo degli
amanti. Ecco, in parte, l’incanto o la meraviglia
di un’adunanza ordinata per
assistere ad un grande avvenimento della mondanità
romana, forse della cultura ballettistica
ad apertura, il 5 luglio, della stagione
lirico - coreica del Teatro dell’Opera con la
proposta di un bel “ballo grande”
fra i grandissimi degli operosi Ballets
de Montecarlo, sostenuti. da S.A.R. la Principessa
di Hannover e diretti con accanito
furore, che è ispirato fervore,
da
Jean-Christophe Maillot
:
“Roméo
et Julliette”.
Avevamo già visto, nove anni
fa, questa nuova fra le molte versioni di quel capolavoro
di Prokofiev.
Purtroppo questa volta la rappresentazione
era affidata ai suoni delle scatole altoparlanti e
non dagli effluvi sonori
dell’orchestra dal vivo, ma
il gradimento è stato, comunque, grandissimo.
Lo spettacolo era stato preceduto
da un’istruttiva conferenza
- stampa nella abitazione dell’ambasciatore
H.E. Henri Fissore, un padrone di casa
fra i più garbati ed ospitali
che si conoscano nella Capitale. Giovanna Lorenzoni,
maître de ballet e assistente
di Maillot, in possesso dei mille
e mille segreti dell’elaborata coreografia aveva
contribuito con
Paola
Cantalupo,
prima ballerina étoille ed
interprete, dagli impulsi drammatici, del combattuto
personaggio di Lady Capuleti, a chiarirci
i risvolti della vicenda e le caratteristiche del
disegno coreografico.
La rappresentazione stenta all’inizio a decollare,
poi si alza, si espande verso una spettacolarizzazione
del
dramma interiore dei due amanti e,
in genere, dell’età adolescenziale, spazia
in una visione ove le pulsioni
dei protagonisti e dei personaggi,
a noi ben noti si librano in una luce molto più
sfumata senza insistere sui caratteri.
Il
primo duetto Romeo – Giulietta
trascorre su un gioco a rimpiattino
sul perdersi, cercarsi, e ritrovarsi; la loro gestualità
è sempre significante,
tutto risulta leggibile, si legge
dal gioco delle mani e delle linee, pur senz’armi
e senza pozione magica.
Ci sono le ”punte” e i piedi nudi, il
classico e il moderno fusi insieme con i costumi di
Jérôme Kaplan, fedelissimo
di Maillot, specialità e vanto
del teatro di Montecarlo.
L’Amore
vola alto, ovunque.
Vi si inserisce, incautamente,
Frate
Lorenzo, il demiurgo,
l’arbitro di tanti eventi infelici
e ne rimane sconfitto (magnifico interprete Gaëtan
Morletti).
Si è capito: nuova dimensione
e nuova ambientazione con i pannelli di Ernest Pignon-Ernest
e le luci di Dominique Drillot. Giulietta
è Bernice Coppieters, una ragazza di oggi,
palestrata,
dalle spalle quadrate, schiaffeggia
un Romeo imbambolato dall’amore (Chris Roelandt)
che
dà baci all’aria; sembra
che lei abbia dimenticato il casco dietro l’uscio
e lui lo scooter ma sono
bravissimi nei voli, nelle impennate
e tutti sono straordinariamente immessi nella storia
di Amore e di Morte.
Alberto
Testa
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